23 giugno 2015

Le memorie di Sherlock Holmes, di Arthur Conan Doyle

Le memorie di Sherlock Holmes (The Memoirs of Sherlock Holmes), di Arthur Conan Doyle

Anno di prima pubblicazione: 1894

Edito da: Mondadori, Einaudi, Rusconi

Voto: 7,5

Pagg.: 260 (nell'edizione Mondadori)

Traduttore: Luca Lamberti (nell'edizione Einaudi - "Sherlock Holmes - Tutti i racconti")

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Questa seconda raccolta di racconti di Sherlock Holmes, ne contiene ben undici, alcuni dei quali hanno la particolarità di essere resoconti che Holmes fa a Watson di vecchie indagini avvenute prima che i due si conoscessero, riportate alla luce da Holmes affinché Watson li aggiunga alla sua raccolta di casi.

Il termine “memorie” utilizzato per il titolo deriva probabilmente da ciò, oltre che da quanto avviene nell’ultimo dei casi presenti nella raccolta.

I racconti sono:

Silver Blaze
La faccia gialla
L'impiegato dell'agenzia di cambio
Il mistero del Gloria Scott
Il rituale dei Musgrave
I signorotti di Reigate
Il caso dell'uomo deforme
Il paziente fisso
L'interprete greco
Il trattato navale
Il problema finale

Ci troviamo di fronte al solito Sherlock Holmes, con le sue manie e le sue dipendenze (anche se la vera dipendenza da cui sembra non poter prescindere pare quella relativa all’attività da detective):
A parte l’uso occasionale di cocaina, non aveva vizi, e si rivolgeva alla droga soltanto per interrompere la monotonia della sua vita quando i casi di cui occuparsi scarseggiavano e sui giornali non compariva alcuna notizia interessante.
Anche in questi undici casi il detective giunge a risultati sorprendenti mediante i processi deduttivi ben collaudati e che lo hanno reso celebre.
Holmes è abituato a impressionare gli interlocutori con osservazioni che questi non si aspettano, ma che, non appena spiegato il procedimento logico, possono paradossalmente apparire banali:
Temo di sminuirmi un po’ ogni volta che fornisco una spiegazione delle mie deduzioni, (…) I risultati esposti senza le cause che li hanno generati sono di gran lunga piú impressionanti.

Per chi ha già letto “Le avventure di Sherlock Holmes”, la prima raccolta di racconti con protagonista il celebre detective, è difficile non avvertire una sorta di assuefazione, che fa calare l’entusiasmo provato le prime volte.
Eppure anche in queste “memorie” possiamo trovare racconti decisamente interessanti.
Uno di essi è “Il mistero del Gloria Scott”, degno di nota anche soltanto per il fatto di essere il primo caso di cui Holmes si occupò.
È in questo racconto che Holmes spiega le sue attitudini giovanili, e come esse lo abbiano portato alla passione per l’investigazione e a dedicarsi all’attività di detective:
Non sono mai stato molto socievole, Watson; preferivo di gran lunga rimanere nella mia camera a rimuginare ed elaborare i miei particolari metodi di analisi, perciò non passavo molto tempo con i ragazzi della mia età.

Ne “Il paziente fisso” A. C. Doyle omaggia Edgar Allan Poe, ossia colui che è considerato il padre del giallo, un genere che l’inventore del personaggio di Sherlock Holmes porterà ad un livello elevatissimo:
Ricorderà, – rispose, – che qualche tempo fa, quando le lessi un brano di un racconto di Poe in cui un serrato ragionatore segue i pensieri inespressi del suo compagno , sosteneva che si trattasse soltanto di una trovata dello scrittore. E quando io le feci notare che era mia costante abitudine fare lo stesso, espresse una certa incredulità.

La capacità analitica di Holmes non ammette rilassamenti, emozioni o sentimentalismi. È logica pura applicata alla realtà, come si evince da questo curioso passaggio:
Mio caro Watson, – rispose, – io non sono d’accordo con chi annovera la modestia tra le virtú. Una persona che si basa sulla logica deve vedere ogni cosa esattamente com’è, e la sottovalutazione di se stessi costituisce una deviazione dalla verità quanto l’esagerazione delle proprie capacità.

Nel racconto “Il trattato navale” Holmes affronta, in modo toccante, il tema dell’educazione e del suo ruolo fondamentale:
Guardi quei grandi edifici che spiccano sui tetti di ardesia delle case, come isole di mattoni in un mare di piombo. – Sono le scuole popolari. – Fari, ragazzo mio! Segnali luminosi dell’avvenire! Baccelli contenenti ciascuno centinaia di piccoli semi di vita, da cui sorgerà l’Inghilterra del futuro, piú saggia e migliore.

L’altro racconto davvero essenziale di questa raccolta, oltre al caso del “Gloria Scott”, è quello conclusivo, “Il problema finale”.
Un racconto che ha in parte ispirato il film “Sherlock Holmes – Gioco di ombre”, diretto da Guy Ritchie, sequel di “Sherlock Holmes”, il film del 2009 che aveva fatto parecchio discutere per lo stravolgimento del personaggio creato dalla penna di A. C. Doyle.
Fin dall’enfatico incipit di Watson capiamo di trovarci di fronte a un racconto diverso dal solito:
È col cuore gonfio che prendo in mano la penna per scrivere queste che saranno le ultime parole con cui ricorderò i particolari talenti che rendevano unico il mio amico Sherlock Holmes.
Il problema finale narra dello scontro tra Holmes e un temutissimo criminale, il professor Moriarty.
Per la prima volta all’interno dei racconti, Holmes non deve soltanto risolvere un caso, bensì fronteggiare un nemico, l’unico delinquente capace di tenere testa alle sue capacità con doti di pari valore, sebbene votate alla opposta causa del crimine:
se si potesse scrivere un resoconto particolareggiato di questa silenziosa competizione, esso costituirebbe il piú brillante esempio di duello ad armi pari nella storia dell’investigazione poliziesca.
Nell’affrontare Moriarty, Holmes ha una sorta di triste presagio:
Lei dovrà mettere la parola «fine» alle sue memorie, Watson, il giorno in cui io coronerò la mia carriera con la cattura o l’annientamento del piú abile e pericoloso criminale d’Europa.
Ed infatti il duello tra i due, un epico scontro ambientato alle Cascate di Reichenbach in Svizzera, si conclude con l’apparente contemporanea fine dei due sfidanti, che cadono insieme nelle cascate durante una colluttazione.
Watson si trova così a salutare per sempre il suo amico e compagno di avventure, con un omaggio a quello che definisce, in chiusura, “il migliore e il piú retto degli uomini.
Ma sarà veramente andata così? Sherlock Holmes è veramente morto durante lo scontro con Moriarty?
Lo scopriremo solo… leggendo.

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